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domenica 7 dicembre 2014

Sylvia Plath (1932-1963)


Verso le 5:00 a.m. dell'11 febbraio 1963 - un triste lunedì - Sylvia Plath entra nella stanza dei propri figli (Frieda, 3 anni; Nicholas, nemmeno 13 mesi), posa sul comodino accanto ai loro letti un piatto con alcune fette di pane imburrato e due tazze di latte, apre la finestra che dà sul retro di Fitzroy Road, lasciando entrare il gelo di quell'inverno londinese particolarmente rigido (il peggiore degli ultimi 100 anni, dicono), richiude la porta alle proprie spalle e, dopo averne sigillato le fessure con nastro adesivo su stipiti e architrave e asciugamani bagnati sul pavimento, scende in cucina. Qui, ripete l'operazione di coprire ogni spiraglio ai serramenti, ingolla una manciata di sonniferi, apre i rubinetti del gas e lo sportello del forno nuovo (appena acquistato grazie ai risparmi di zia Dot arrivati dall'America), infilandoci la testa il più internamente possibile, con la guancia sinistra posata su un tovagliolo ripiegato, attendendo che il monossido di carbonio la porti lentamente all'asfissia (sfortunatamente, all'epoca, la riconversione dal coal gas all'innocuo metano in UK non era stata ancora portata a termine).

La foto qui sopra non è per nulla accurata: il pavimento della cucina, in realtà, era fatto di legno e così, dopo aver saturato la stanza, il gas venefico passa attraverso le assi raggiungendo il piano di sotto, dove dorme, nel proprio letto, Trevor Thomas. Accade perciò che quando Myra Norris, la nuova au par chiamata in sostituzione della precedente (cacciata da Sylvia perché, pare, beccata a letto con un uomo), arriva puntualmente alle 9:00 a.m. per prendere servizio e trova il cancelletto chiuso e nessun campanello col nome che l'agenzia le aveva fornito (Sylvia Plath Hughes) e allora prova a suonare a quello di Trevor Thomas, Trevor è privo di sensi, a causa del monossido di carbonio penetrato dal soffitto fin dentro ai suoi polmoni, e quindi non può né rispondere né tantomeno aprire. Myra verifica nuovamente l'indirizzo ("Fitzroy Road 23: è proprio questo!"), quindi gira attorno al caseggiato in cerca di una entrata secondaria; giunta sul retro scorge due bambini in lacrime affacciati alla finestra. Chiaramente preoccupata da quanto ha visto, Myra si affretta di nuovo verso l'ingresso principale, dove incrocia Charles Langridge, un operaio che stava lavorando alle tubature danneggiate per il ghiaccio in una proprietà vicina, che la fa entrare nello stabile.

I due trovano Sylvia riversa a terra in cucina, priva di vita, 28 giorni dopo la pubblicazione del suo unico romanzo, due mesi dopo il trasferimento a Londra, sei dalla separazione con Ted Hughes (che nel frattempo se la faceva con Assia Wevill, pure lei amante dei forni a gas), dieci anni dopo il primo tentato suicidio.

Lascia all'ex marito un'enorme eredità letteraria e al figlio maschio i geni del suicidio.




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